DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO (DOC)

Il DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO (DOC) è caratterizzato da ossessioni (ossia pensieri o immagini spiacevoli, ricorrenti, persistenti, non voluti, intrusivi, incalzanti) e da compulsioni, (comportamenti ripetitivi o azioni mentali) che i pazienti si sentono spinti a compiere per cercare di diminuire l’ansia che provocano tali ossessioni.

Manifestazioni del problema:

Il tema dominante dei pensieri ossessivi può essere:

  • un danno,
  • un rischio per sé o per gli altri,
  • un pericolo, una contaminazione,
  • un dubbio,
  • una perdita
  • un’aggressione.

Per esempio:
I pazienti che soffrono del DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO (DOC), possono essere ossessionati dall’idea di essere contaminati da sporcizia o germi a meno che non si lavino le mani continuamente.

Le compulsioni (spesso chiamate rituali) sono comportamenti eccessivi, ripetitivi, intenzionali che i soggetti affetti sentono di dover fare per prevenire o ridurre l’ansia causata dai loro pensieri ossessivi o per neutralizzare le loro ossessioni.

Alcuni esempi sono: il lavaggio (delle mani, doccia), il controllo (ad es., che la stufa sia spenta, che le porte siano chiuse), il conteggio (ad es., ripetendo un comportamento un certo numero di volte), l’ordinazione (ad es., delle stoviglie in uno schema specifico).

La maggior parte dei rituali è osservabile, ma alcuni rituali mentali, come il conteggio ripetuto silenzioso o le frasi biascicate, non lo sono.

In genere, i rituali compulsivi devono essere eseguiti in modo preciso in base a regole rigide. I rituali possono o meno essere collegati realisticamente all’evento temuto.

In tutti i casi, nelle persone che soffrono del DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO (DOC), le ossessioni e le compulsioni per essere ritenute tali devono richiedere tempo o causare disagio significativo o danneggiare chi ne è affetto; nei casi estremi, ossessioni e compulsioni possono essere invalidanti.

La maggior parte delle persone con disturbo ossessivo-compulsivo riconosce in una certa misura che le credenze alla base delle loro ossessioni non sono realistiche; tuttavia, a volte, esse sono convinte che le credenze siano vere e che le loro compulsioni siano ragionevoli.

I soggetti affetti da questo disturbo spesso tentano di nascondere le loro ossessioni e i loro rituali, ma le loro relazioni possono essere interrotte e le loro prestazioni a scuola o sul lavoro possono subire un calo.

Molte persone con disturbo ossessivo-compulsivo presentano coesistenti disturbi psicologici, tra cui disturbi d’ansia e disturbi depressivi.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra

DUBBIO PATOLOGICO

 Che cos’è il DUBBIO PATOLOGICO:

Il dubitare è un atteggiamento insito nella natura umana, così come il tentativo di trovare una soluzione razionale ad esso.

Il dubbio diventa patologico quando anziché portare ad una risposta non fa altro che generare nuove domande, nuove ragioni per continuare ad essere nel dubbio, per rimuginare, finché chi ne è affetto si trova bloccato in un labirinto, avvolto da una spirale, paralizzato dalla paura di fare o di avere fatto una scelta sbagliata.

Ogni tentativo di risolvere i dilemmi razionalmente o con il buon senso, genera a sua volta una nuova serie di dubbi.
Questo perché non è possibile rispondere razionalmente a una domanda irrazionale, e lo è ancor meno tentare di tenere sotto controllo le proprie emozioni e i propri pensieri irragionevoli ovvero “pensare di non pensare”.

Il vero problema non è tanto il dubbio, quanto i tentativi messi in atto per risolverlo.

Le persone che sono affette da questo disturbo vivono un’esistenza bloccata e spesso chiedono aiuto e consigli a familiari e amici, ma invano.

Nelle sue forme più gravi il dubbio patologico è un disturbo ossessivo estremamente invalidante.

Quando però non si riesce a venirne a capo in un tempo ragionevole e non si riesce a prendere una decisione o a dare una risposta ad una domanda che ci assilla su noi stessi, sugli altri o sul mondo,  quando il pensare all’argomento ed il cercare la risposta diventa onnipresente e ci fa vivere in costante angoscia, siamo in presenza di un dubbio patologico.

Manifestazioni Disturbo:

Alcune domande si insinuano e si stabilizzano nella mente come un virus, conducendo ad uno stato di angoscia costante con picchi di ansia elevata.

Il soggetto cerca con infinite e sottili argomentazioni di trovare la risposta alla domanda che lo assilla. Non appena ha trovato una risposta, subito nella sua mente una argomentazione contraria è pronta a confutare la conclusione appena raggiunta, in un circolo vizioso senza fine fra contrapposte argomentazioni che si inseguono e si scontrano incessantemente.

Le domande che più di tutte possono sfociare in dubbio ossessivo sono quelle connesse a implicazioni decisive per il proprio futuro e la propria identità.
Una scelta professionale, un rapporto sentimentale, l’identità sessuale, per citare le più frequenti, ma ve ne sono anche altre che appaiono più stravaganti ed originali.

L’emozione che accomuna tutte le domande e i dubbi conseguenti è la Paura di:

  • fare la scelta sbagliata,
  • non essere psicologicamente sani,
  • di aver commesso qualche fondamentale errore nel passato.

Tutte condizioni che, nella percezione che ne ha il soggetto, possono influenzare irrimediabilmente tutta la vita e la possibilità di felicità presente e futura.

Le attività della vita quotidiana, il tono dell’umore e la qualità delle relazioni finiscono per essere costantemente condizionate dall’angoscia della riflessione sul dubbio irrisolto.

Tale processo però è destinato a non avere fine, perché per ogni ragionamento che sembra condurre ad una definitiva rassicurazione, una nuova obiezione è pronta ad insinuarsi nella mente, per confutare le precedenti conclusioni.

Nel dubbio patologico il ragionamento non aiuta a trovare la soluzione, quanto piuttosto, la allontana sempre di più. A volte si comincia a parlarne anche con altri, in estenuanti tentativi di cercare insieme di venire a capo del dilemma, ma questo non fa che peggiorare la situazione.

Il problema non è rappresentato dal contenuto del dubbio e quindi dalla risposta alla domanda.

Il problema giace tutto intero nell’attività della costante ricerca della risposta.

La soluzione non è riflettere e ragionare di più, ma all’opposto smettere di pensare e ragionare sul problema. La risposta al dubbio, nella sua forma patologica, non si trova nei complessi ragionamenti, ma appare al contrario proprio quando si smette la ricerca della risposta stessa.

E’ come muovere continuamente l’acqua per cercare un anello caduto sul fondo di uno stagno; più si agita l’acqua e più la sabbia dal fondo sale in superficie impedendoci la vista. Solo fermandoci e attendendo che la sabbia si depositi, apparirà l’anello ben chiaro sul fondo.
Si trova smettendo di cercare.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra

ANSIA DA PRESTAZIONE O BLOCCO DELLA PERFORMANCE

L’ANSIA DA PRESTAZIONE O BLOCCO DELLA PERFORMANCE può toccare qualsiasi ambito.

Durante la propria vita è possibile sperimentare un primo fallimento che innescherà il dubbio “è finita la magia, forse non sono più capace…” o la paura che tutto possa ripetersi. Le persone percependo questa minaccia tentano di porvi rimedio al “disastro” ma dopo un po’ si rendono conto che i tentativi o le tentate soluzioni non portano da nessuna parte.

I testi di motivazione personale tendono a cercare di motivare e convincere ad avere fiducia in noi stessi prima di conquistarla. Ma non abbiamo fatto i conti con l’ansia da prestazione che dimostra inevitabilmente il contrario. Più ricerco la certezza della vittoria e più mi controllo, più mi controllo e più blocco le mie risorse. Questo può essere vissuto come un grande fallimento.

Si instaura cosi un circolo vizioso che sfocia di solito in due possibilità:

  •  si inizia ad evitare le situazioni che temiamo
  • si affrontano ma l’ansia aumenta sempre di più, fino a portare a dei veri e propri attacchi di panico.

Questo è vero nello sport, nella musica, negli esami, nei rapporti sessuali, in amore, nelle relazioni in generale e in tutte quelle situazioni nelle quali è prevista una performance o una scelta importante.

La paura di fallire impedisce di realizzare e raggiungere un risultato.Questo porta ad un calo della motivazione entrando in una spirale che ci porta ad abbandonare. Le cose da fare restano sempre lì, nessuno le fa al nostro posto, bisogna uscire da questa situazione.

Chi si blocca?

Tra i blocchi più frequenti ci sono:

  • Il blocco del perfezionista. La persona cerca sempre le migliori condizioni per realizzare il successo. Ma la ricerca continua della perfezione porta a non concludere mai.
  • Il blocco dell’atleta. Pur essendo equipaggiato per sostenere e vincere si tira indietro e non partecipa alla gara o non riesce ad esprimere tutto il suo potenziale.
  • Il blocco dello studente. Ad un certo punto della sua carriera pur studiando non riesce più a superare gli esami. Anche quando si è studiato tutto alla perfezione l’ombra sinistra della bocciatura è l’unico scoglio sul quale aggrapparsi per fuggire alle proprie responsabilità e scampare l’eventuale fallimento. Chiaramente questa situazione fa passare la voglia di studiare.
  • Il blocco del venditore. Pur avendo un prodotto o servizio valido non riesce a venderlo perché non riesce ad essere incisivo verso il potenziale cliente.
  • Il blocco della persona di successo terrorizzata all’idea di dover parlare ad un pubblico cosa che prima faceva con disinvoltura. Oppure molti top manager evitano di delegare e non fanno altro che limitarsi a controllare tutto, sperimentando inevitabilmente il fallimento della leadership proprio perché trascurano il lato della delega, indispensabile per acquisire la fiducia dei propri subalterni.
  •  Blocchi di carattere relazionale/sessuale o emotivo. Nelle relazioni sentimentali è il guaio di coloro che, pur di non mettersi in gioco con persone delle quali non si ritengono all’altezza, ripiegano su quelle persone più rassicuranti e innocue, salvo poi il lamentarsi perché non trovano mai la persona giusta.

Il più delle volte il blocco è provocato da inesperienza. Il non sapere cosa fare o il non aver mai affrontato quella specifica situazione o la scarsa fiducia in se stessi per il senso di inadeguatezza derivante, innesca la paura di fallire.

Le strategie fallimentari che alimentano il problema 

Una persona bloccata non fa oppure non rende per quello che può.

In questi casi è proprio la strategia che aiuta nell’immediato che finisce per aumentare il blocco.

I tentativi di soluzione fallimentari messi in atto da chi ha un blocco della performance o ansia da prestazione sono:

  • evitamento
  • controllo
  • parlarne con persone vicine (che vogliono bene) ma non competenti
  • chiedere aiuto
  • cercare rassicurazioni
  • mettersi alla prova
  • razionalizzare: raccoglie informazioni, consultare testi, internet per capirne di più.


Tutto ciò, anche se nell’immediato apporta sollievo, sembra salvare, in realtà nel tempo non solo non cambia le cose ma finisce per peggiorarle.

Ansia da prestazione e la paura di fallire:

Il blocco della performance o ansia da prestazione può toccare qualsiasi ambito. Possiamo sperimentare un primo fallimento che innescherà il dubbio “è finita la magia, forse non sono più capace…” o la paura che tutto possa ripetersi. Cercheremo di porre rimedio al “disastro” ma dopo un po’ ci rendiamo conto che i tentativi non portano da nessuna parte.

Nello specifico chi ha un blocco della performance è intrappolato in una sorta di circolo vizioso, in cui pensa: “ora non sono pronto, non sono sicuro, lo faccio la prossima volta”. Sono quelle frasi che portano ad evitare.

Evitamenti che alimentano evitamenti! Evitamenti che allontanano sempre più da quello che si vuole, che aumentano l’incapacità e la paura di non farcela.

Ed è allora che si comincia a pensare che nulla deve essere lasciato al caso. Bisogna essere preparatissimi, prontissimi, avere il “controllo assoluto”. Puntualmente, però, si scopre che si è trascurato ancora una volta qualcosa di importante. Ne consegue un aumento dell’ansia e la ripetizione di errori. 

Se si cerca l’auto-controllo, si finisce per rendere artificiale ciò che sarebbe dovuto essere naturale;  
Se si cerca di fare di più e/o con più rigore, seguendo l’idea: “se mi impegno di più e più seriamente sarò più pronto la prossima volta”, si finisce per non affrontare e per trasformare un piacere in tortura;
Se ne parliamo con qualcuno in una maniera più o meno diretta (parenti, amici, colleghi, o anche sconosciuti) per essere capiti, per togliersi un peso, per cercare qualche forma di aiuto, per essere rassicurati, si scopre di non essere compresi a fondo e di non riuscire a trovare la forza in noi stessi.  

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra

DISTURBO DA STRESS POST TRAUMATICO

Il DISTURBO DA STRESS POST TRAUMATICO (PTSD) è una patologia che può svilupparsi in persone che hanno subìto o hanno assistito a un evento traumatico, catastrofico o violento, oppure che sono venute a conoscenza di un’esperienza traumatica accaduta a una persona cara.

A ognuno di noi è capitato di utilizzare, più o meno seriamente, la parola trauma, magari riferendosi anche solo a un’esperienza dolorosa.

Che cos’è:

In un’epoca di attacchi terroristici, calamità naturali come terremoti, incidenti o aggressioni, la persona che vive il “trauma” è continuamente tormentato dal ricordo del trauma. E’ terrorizzato da un passato che continua ad inondare e sommergere il presente di paura, dolore e rabbia, sotto forma di incubi, ricordi, immagini, suoni, odori, flashback, impedendo alla persona di proseguire il suo cammino verso il futuro.

Ci troviamo di fronte a una forma di paura motivata da una reale esperienza vissuta. Essa può trasformarsi in patologia quando si manifestano reazioni incontrollate di panico in situazioni che possono essere associate a quella esperienza traumatica. In questo modo si innesca una sequenza di tentate soluzioni che, invece di attenuare la paura, la incrementano. Per proteggersi dalla paura queste persone, di solito, mettono in atto lo stesso copione usato per l’ansia generalizzata.

Il DISTURBO DA STRESS POST TRAUMATICO (PTSD) è un grave quadro clinico che nella sua forma cronica si sviluppa solo in una piccola parte di sopravvissuti a un trauma.

Sintomi:

Successivamente all’evento traumatico (es. terremoto, incidente, violenza fisica, psicologica o sessuale) i sintomi più frequenti sono:

  • Sintomi intrusivi associati all’evento:
    • ricorrenti, involontari ricordi spiacevoli dell’evento traumatico;
    • ricorrenti sogni spiacevoli in cui il contenuto e/o le emozioni del sogno sono collegati all’evento traumatico;
    • flashback in cui il soggetto sente o agisce come se l’evento traumatico si stesse ripresentando.
  • Marcata reattività associati all’evento traumatico:
    • ipervigilanza e forti risposte di allarme;
    • problemi di concentrazione;
    • difficoltà relative al sonno;
    • marcate reazioni fisiologiche a fattori scatenanti interni o esterni che all’evento traumatico.
  • Evitamento persistente degli stimoli associati all’evento traumatico:
    • tentativi di evitare i ricordi spiacevoli, pensieri o sentimenti relativi o strettamente associati all’evento traumatico;
    • tentativi di evitare fattori esterni (persone, luoghi, conversazioni, attività, oggetti, situazioni) che suscitano ricordi spiacevoli, pensieri o sentimenti relativi o strettamente associati all’evento traumatico.
  • Alterazioni negative di pensieri ed emozioni associati all’evento traumatico:
    • incapacità di ricordare qualche aspetto importante dell’evento traumatico;
    • persistenti ed esagerate convinzioni o aspettative negative relative a se stessi, ad altri o al mondo (per es. Io sono cattivo, non ci si può fidare di nessuno, il mondo è assolutamente pericoloso);
    • persistente stato emotivo negativo (per es. paura, orrore, rabbia, colpa o vergogna);

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra.

IPOCONDRIA

Cos’è l’IPOCONDRIA o ansia di malattia:

L’IPOCONDRIA è la paura nonché la convinzione ingiustificata di avere una malattia persistente nonostante le rassicurazioni mediche.

Sono convinte di essere malate, vivono costantemente in allerta, controllando minuziosamente il proprio corpo e ricorrendo di frequente ad esami diagnostici e/o sottoponendosi a terapie.

Uno degli aspetti più caratteristici dell’IPOCONDRIA è la mutevolezza della paura, la migrazione dei sintomi e delle cause del problema.

I soggetti ipocondriaci possono allarmarsi se:

  1. leggono di una malattia;
  2. sentono parlare di una malattia;
  3. vengono a sapere che qualcuno si è ammalato;
  4. percepiscono sensazioni, o eventi che riguardano il loro corpo.

Le Malattie più gettonate:

I sintomi possono essere focalizzati su singoli organi o su singole patologie.

Le malattie più gettonate sono:

  • tumori;
  • disturbi cardiocircolatori (ictus, infarto del miocardio);
  • autoimmuni (sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, leucemia);
  • virali o batteriche (Ebola, Hiv, sifilide);
  • sconosciute.

Il cancro continua a rappresentare la più spaventosa e terribile tra le malattie. Di essa si teme il dolore spesso associato alle cure e l’alto tasso di mortalità che spesso le viene attribuito.

I Sintomi:

Sono riconducibili a preoccupazioni nei confronti di:

  • funzioni corporee (battito cardiaco, respirazione, peristalsi);
  • alterazioni fisiche di lieve entità (una piccola ferita, un occasionale raffreddore);
  • sensazioni fisiche vaghe o ambigue (cuore affaticato, vene doloranti).

La persona attribuisce questi sintomi o segni alla malattia sospettata ed è molto preoccupata per il loro significato e per la loro causa.

I Comportamenti:

  • Ascolto continuo del proprio corpo,
  • Continue visite specialistiche, esami diagnostici e check up di controllo.

La ricerca attenta dei segnali del corpo generano uno stato di forte apprensione emotiva, dubbi mentali e catastrofismo ideativo.

I comportamenti più comuni sono:

  • Parlare spesso del loro problema;
  • Controllarsi di continuo.
  • Ricerca di rassicurazioni mediche attraverso esami diagnostici e visite mediche;
  • La possibilità di ottenere informazioni e consulenze on line attraverso internet offre l’opportunità di avere consulti medici e notizie sulle ultime scoperte della medicina finendo con l’alimentare i dubbi sulla propria salute.
  • Manifestazioni di reali somatizzazioni, causato effetto dello stress e dell’ansia elevata a cui il soggetto sottopone il proprio organismo.
  • Ricerca continua dei sintomi su internet

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra

AGORAFOBIA

L’ Agorafobia consiste nella paura degli spazi aperti e affollati o di trovarsi in pubblico e può essere accompagnata da attacchi di panico.

Spesso definita come fobia degli spazi aperti, in cui non solo si teme la folla, ma gli Agorafobici possono avere il timore del giudizio degli altri in relazione allo stare male in pubblico oppure temono di stare male in situazioni o luoghi in cui non potrebbero essere soccorsi o da cui non possono fuggire; di conseguenza, si attivano meccanismi di evitamento delle situazioni ansiogene al fine di escludere la possibilità dell’insorgenza del panico.

I sintomi dell’Agorafobia:

Tra i sintomi per l’agorafobia troviamo una paura intensa o ansia di due o più delle seguenti situazioni:

  • Utilizzare mezzi pubblici, ad esempio treni, autobus o aerei;
  • Essere in uno spazio aperto e ampio, ad esempio un supermercato, un parcheggio o un ponte;
  • Essere in uno spazio chiuso di limitate dimensioni, ad esempio un teatro, un piccolo negozio;
  • Aspettare in coda oppure essere tra la folla;
  • Essere fuori casa da soli.
  • Paura o ansia in relazione all’esposizione a una delle situazioni sopraelencate;
  • Evitamento delle situazioni temute, necessità di un accompagnatore per affrontare le situazioni temute oppure estrema difficoltà, distress e ansia nell’affrontare tali situazioni da soli;
  • Paura o ansia sproporzionate rispetto al reale pericolo insito nelle situazioni;
  • Compromissione del funzionamento socio-lavorativo della persona legato all’ansia e agli evitamenti sistematici;
  • Ansia ed evitamento persistenti, che durano per almeno sei mesi o più.

Le situazioni sopraelencate causano ansia poiché l’individuo teme che non sarà in grado di fuggire o di ricevere il necessario aiuto se si dovessero presentare sintomi di panico o altri malesseri psico-fisici.

In aggiunta, è possibile che vi siano anche sintomi tipici dell’attacco di panico, come:

  • Aumento della frequenza cardiaca,
  • Eccessiva sudorazione,
  • Aumento della frequenza respiratoria,
  • Sensazione di vertigini,
  • Paura di perdere il controllo o di morire, etc.

E’ frequente la possibilità che si possa presentare un attacco di panico in aggiunta all’Agorafobia.

I comportamenti dell’Agorafobia:

L’agorafobia emerge quando l’individuo comincia ad evitare le situazioni e i luoghi ansiogeni, quali ad esempio (supermercati, situazioni affollate -discoteche, concerti, eventi pubblici-, in generale uscire di casa da soli oppure stare in casa da soli; specifici mezzi di trasporto). In taluni casi questi comportamenti di evitamento agorafobico possono compromettere il funzionamento socio-lavorativo della persona. La persona agorafobica evita in modo assoluto le situazioni temute oppure esperisce tali situazioni con l’insorgenza di ansia elevata.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra

DISTURBO ANSIA GENERALIZZATA

Il disturbo d’Ansia Generalizzata è caratterizzato dalla presenza di sintomi ansiosi (sia psichici che fisici) che non sono legati ad una causa specifica ma sono appunto “generalizzati”.

Chi soffre di disturbo d’ansia generalizzata tende ad essere costantemente in allerta, a preoccuparsi eccessivamente per qualsiasi cosa, evidenziando nel tempo una riduzione significativa della qualità di vita.

Gli oggetti della preoccupazione sono diversi e spesso cambiano nel tempo.

Le preoccupazioni più comuni riguardano le responsabilità lavorative e familiari, il denaro, la salute, la sicurezza e le faccende domestiche.

L’ansia è accompagnata da sintomi come irrequietezza, sentimento di pericolo, facilità di affaticamento, difficoltà di concentrazione, irritabilità, tensione muscolare e disturbi del sonno.

Il decorso dell’ansia è in genere fluttuante e cronico, con peggioramenti nel corso di situazioni stressanti.

La maggior parte delle persone affette da disturbo d’ansia soffre anche di altri disturbi, tra cui la depressione grave, la fobia specifica, la fobia sociale e il disturbo di panico.

Sintomi del disturbo d’ansia generalizzata:

I sintomi principali del disturbo d’ansia generalizzata sono:

  • Paura del futuro
  • Irrequietezza o tensione psichica costante.
  • Sensazione di costante svuotamento e fatica cronica.
  • Difficoltà di attenzione e concentrazione.
  • Facile nervosismo ed irritabilità.
  • Difficoltà nel sonno che si possono tradurre come difficoltà nell’addormentamento, nel mantenimento del sonno, oppure in un sonno agitato e non ristoratore.
  • Rimuginio

Possono inoltre comparire segni e sintomi fisici collegati allo stato d’ansia costante come:

  • Fatica
  • Tensione muscolare
  • Tremori
  • Nausea, diarrea e sindrome del colon irritabile
  • Sudorazione
  • Tachicardia

Il disturbo d’ansia generalizzata è un disturbo caratterizzato da uno stato ansioso tendenzialmente costante che porta a preoccupazioni sproporzionate ed incongrue in diversi ambiti di vita del paziente. Rispetto ad altri disturbi d’ansia, come ad esempio la fobia sociale o il disturbo da attacchi di panico, che sono spesso riconducibili a preoccupazioni specifiche e circoscritte, nel disturbo d’ansia generalizzata le preoccupazioni non riguardano un tema specifico ma sono estese ai diversi ambiti della vita del paziente.

Inoltre i sintomi ansiosi tendono ad essere presenti per tutta la giornata, per tutti i giorni, e le preoccupazioni riguardano temi della vita quotidiana del paziente come la famiglia, la situazione economica, il lavoro e la salute personale. Chi soffre di questo disturbo riferisce inoltre uno stato di costante preoccupazione nei confronti del futuro, insieme ad uno stato di tensione e di inquietudine diffusa che non è in grado di controllare.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra

ATTACCHI DI PANICO

Gli attacchi di panico si manifestano con un improvvisa e intensa paura in assenza di un reale pericolo, accompagnata da sintomi come: paura di impazzire, di perdere il controllo, paura di morire.

I sintomi:

I sintomi più comuni sono:

  • Rossore al viso e talvolta all’area del petto;
  • Capogiri,
  • Sensazione di stordimento,
  • Debolezza con impressione di perdere i sensi;
  • Parestesie, più comunemente formicolii o intorpidimenti nelle aree delle mani, dei piedi e del viso;
  • difficoltà respiratoria, definita Dispnea o Soffocamento;
  • Aumento della sudorazione,
  • Brividi;
  • Nausea, sensazioni di chiusura alla bocca dello stomaco o di brontolii intestinali;
  • Tachicardia o palpitazioni, spesso associati a dolori al torace;
  • Tremori o scatti.
  • Paura di perdere il controllo;
  • Paura di impazzire;
  • Derealizzazione;
  • Depersonalizzazione o più comunemente osservare dall’esterno cosa accade al proprio corpo;
  • Paura
  • Convinzione di stare sul punto di morire;
  • Crisi di pianto.

Il carattere improvviso degli attacchi di panico e la loro relativa imprevedibilità, porta spesso le persone che hanno questo problema a sentirsi particolarmente deboli e vulnerabili, condizione che spesso porta a un cambiamento significativo della vita.

Attacchi di Panico e Agorafobia:

Chi soffre di Attacchi di Panico mette in atto due tentate soluzioni:

  • Evita la situazione;
  • Affronta chiedendo aiuto.

In questo modo si può innesca un meccanismo chiamato Agorafobia.

Con il termine Agorafobia, si intende la paura relativa al trovarsi in luoghi o situazioni dai quali può essere difficile (o imbarazzante) allontanarsi o non può essere disponibile un aiuto in caso di un improvviso attacco di panico.

Gli attacchi di panico, o crisi di panico, sono degli improvvisi episodi di intensa paura, malessere ed ansia, con un rapido crescendo.

Uno dei problemi più gravi  è che gli attacchi di panico prendono il controllo della persona che li subisce.
Chi ne è affetto prova una paura di un nuovo episodio, che possiamo definire la “paura della paura” che inevitabilmente attiva la paura.

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Dr.ssa Alessandra Volpe Brinzaglia