DEPRESSIONE

Il termine depressione è sicuramente il più usato e abusato degli ultimi vent’anni, poiché attraverso di esso si indica una serie di differenti stati dell’umore di una persona.Nel Novecento venne definita come il “male oscuro”, è probabilmente la più discussa tra le patologie psichiche.

La depressione è una sensazione di tristezza così intensa da compromettere le normali attività di una persona e/o il suo interesse o piacere per le attività. Può essere dovuta a una perdita o a un altro evento drammatico ma è una reazione eccessiva rispetto all’evento scatenante, che dura più tempo del normale.

Sintomi della Depressione:

La persona nel momento in cui si trovi ad affrontare una situazione particolarmente stressante e dolorosa reagisca manifestando sintomi quali:

  • mancanza di sonno, di appetito, di attenzione
  • apatia (non avere voglia di fare niente)
  • ritiro dalla vita sociale
  • incapacità di provare piacere

Questi sintomi sono naturali reazioni a eventi e situazioni problematiche. Spesso la medicina, volta a voler inibire qualsiasi forma di sofferenza, trascura che essa è parte integrante della nostra natura.

La DEPRESSIONE alcune volte può essere conseguente ad un evento traumatico (per esempio ad un lutto o ad una separazione o ad un altro tipo di patologia).

È facile che la persona affetta, ad esempio, da un disturbo da attacchi di panico molto invalidante possa arrivare a sviluppare un senso di difficoltà e di incapacità tali da assumere le forme di una vera e propria depressione grave; d’altro canto l’incapacità a costruire delle buone relazioni interpersonali, a interagire adeguatamente con l’ambiente esterno porta inevitabilmente a chiudersi.

Ci si isola rinunciando alla vita sociale perché percepita come un sistematico fallimento.

Come si manifesta la depressione?

Ad un certo punto, succede qualcosa che mai ci si sarebbe aspettato. Di conseguenza questo qualcosa viene vissuto come irrimediabile e catastrofico.

Nel caso di un tradimento di un amico o un insuccesso lavorativo. Si possono costituire delle circostanze intollerabili là dove esista, da una parte, la rigida illusione dell’amicizia come eterna fedeltà e, dall’altra, l’assoluta convinzione di non poter sbagliare mai. Ciò genera un senso di avvilimento. Non riusciamo più a ricostruire una nuova più adeguata modalità di leggere la realtà. Questo ci getta nell’abisso più profondo. Ci percepiamo vittime di un mondo ingrato, crudele e di una realtà immodificabile.

Lungo il sentiero della vita, ognuno di noi costruisce, sulla base di esperienze personali, credenze attraverso le quali interpretare gli avvenimenti esterni ed agire.

Vediamo nello specifico quali sono gli atteggiamenti che caratterizzano lo stato depressivo:

  • la rinuncia. Quando qualcosa ci colpisce e ci ferisce, ponendoci di fronte alla realtà di non poterci fare nulla, è facile gettare le armi. Se il nemico è troppo forte, arrendersi sembra la soluzione più ovvia. L’attenzione è rivolta solo a ciò che non va. Ed è una profezia che inevitabilmente si avvera. Rinunciare diventa allora la prova concreta dell’impotenza. Il problema è che spesso per una battaglia persa decidiamo di rinunciare a tutta la guerra. Oppure, quando in quella guerra è stata sancita la nostra sconfitta, ci arrendiamo alla vita intera.
  •  la delega delle responsabilità ad altri, il far fare agli altri. Ovvio che gli altri, dato che ci vogliono bene, sono pronti a fare per noi anche le piccole cose. Ma ogni qual volta si sostituiscono a noi è come se ci confermassero che noi non siamo in grado. Ciò non fa altro che consolidare la credenza di essere incapaci, alimentando uno stato di frustrazione e depressione.
  • il vittimismo, ossia il lamentarsi con tutti coloro che ci stanno intorno. Uno degli scopi della lamentela è quello di avvicinare le cure e le attenzioni degli altri. Ma c’è un limite di sopportazione. Non possiamo pretendere che ascoltino le nostre lamentele per lungo tempo: alzeranno delle difese protettive. E più forte strilleremo, più alte si faranno le loro difese. E noi ci sentiremo ancora più soli e incapaci.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra

LUTTO o ELABORAZIONE DI UNA PERDITA-SEPARAZIONE-RIFIUTO

Il LUTTO è definibile come uno:

“…stato psicologico conseguente alla perdita di un oggetto significativo, che ha fatto parte integrante dell’esistenza. La perdita può essere di un oggetto esterno, come la morte la morte di una persona, la separazione geografica, l’abbandono di un luogo; o un oggetto interno, come il chiudersi di una prospettiva, la perdita della propria immagine sociale, un fallimento personale e simili (Galimberti).

Cos’è :

Con il termine “lutto”, in psicologia, s’indica lo stato d’animo che si vive in seguito alla perdita di una persona cara. Questo processo psicologico doloroso può mettersi in moto non solo dopo la morte ma anche nel caso di una separazione, di altri avvenimenti legati all’abbandono o alla fine di una relazione importante. Elaborare il lutto è fondamentale per poter riprendere a vivere nuovamente con serenità.

Cos’è l’elaborazione del lutto?

Con elaborazione del lutto s’intende tutto il processo di rielaborazione legato alla perdita di una persona cara. Questa fase può essere molto dolorosa ed è solitamente caratterizzata da sentimenti quali tristezza, rabbia, colpa o senso di vuoto. Si tratta comunque di un processo fondamentale per evitare che questa situazione possa trasformarsi in lutto patologico e creare un trauma che si ripresenterà nel futuro, causando la comparsa di diversi disturbi.

Quali sono le fasi principali:

Le principali fasi del lutto sono state descritte da Elizabeth Kübler Ross, una psichiatra svizzera. L’elaborazione si sviluppa in cinque fasi:

  1. Negazione: si nega l’accaduto a causa dello stato di shock dovuto alla perdita;
  2. Rabbia: in questa fase si tende a dare la colpa a qualcuno, ad esempio agli altri familiari, perché si tende a pensare che la situazione sia ingiusta;
  3. Contrattazione: la fase di contrattazione definisce quel momento nella vita della persona che ha subito un lutto durante la quale essa cerca di capire cosa è in grado di fare, o meglio, in quali situazioni è in grado di nuovo di investire emotivamente. Una fase di vero e proprio “negoziato” intrapreso con diversi soggetti che possono cambiare in base ai valori della persona (le altre persone care, figure religiose etc). È una fase in cui la persona cerca di riprendere il controllo della propria vita facendo leva su un possibile “patteggiamento”;
  4. Depressione: fase in cui la persona inizia a prendere atto di ciò che ha perso (o sta perdendo). Possiamo dividere questa fase in due tipologie di depressione: una reattiva, nella quale la persona inizia a prendere atto delle parti di sé che con il lutto ha perso (legami affettivi/emotivi, aspetti della vita quotidiana, etc.) ed una preparatoria, nella quale la persona inizia a prendere coscienza che ribellarsi al lutto non è possibile;
  5. Accettazione: l’ultima fase dell’elaborazione del lutto consiste nell’accettare la perdita e si è pronti a riprendere in mano la propria vita.

Vari tipi di lutto:

Non tutte le persone vivono il lutto nello stesso modo è possibile distinguere diversi tipi, fra cui:

  • Anticipato: le fasi del lutto iniziano a manifestarsi prima della perdita in sé, in quanto ci si aspetta già la separazione, ad esempio in caso di malattia o di divorzio;
  • Ritardato: in questo caso, l’elaborazione del lutto arriva più tardi perché la persona che lo soffre cerca di ignorare la situazione;
  • Inibito: la difficoltà di esprimere le proprie emozioni, e quindi di elaborare correttamente il lutto, porta all’evitamento della situazione, ad esempio attraverso il consumo di droghe;
  • Cronico: non si riesce ad elaborare il lutto e il ricordo della persona continua ad essere doloroso anche dopo diversi anni dall’accaduto.

Quali sono le manifestazioni esterne?

Quando si vive un lutto, durante le fasi di elaborazione, si vivono una serie di sintomi e conseguenze sia a livello psicologico che a livello fisico. Le principali manifestazioni sono:

  • pianto;
  • disturbi del sonno;
  • mal di testa;
  • stanchezza;
  • disturbi del comportamento alimentare;
  • dolori muscolari;
  • tristezza;
  • perdita o aumento di peso;
  • apatia;
  • rabbia;
  • nervosismo;
  • pensieri ricorrenti;
  • attacchi di panico;
  • isolamento;
  • senso di colpa;
  • angoscia.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra

ORTORESSIA

Deriva dal greco Orthos (giusto) e Orexis (appetito) e indica l’ossessione psicologica per il mangiare sano.

L’ORTORESSIA è l’ossessione maniacale per i cibi sani. E’ presente una forte attenzione verso le numerose diete esistenti sul mercato ed è caratterizzata dalla preselezione ossessiva degli alimenti che nel tempo, può diventare pericolosa.

La persona è controllata da un vero e proprio fanatismo alimentare, un complesso di superiorità basato sul cibo che lo porta a disprezzare chi non mangia sano; che finisce per acquisire le sembianze di un disturbo alimentare.

Molto spesso è connessa ad una forte paura di ingrassare o ad una paura ipocondriaca di non essere in perfetta salute.

I pensieri tipici:

Chi soffre di ORTORESSIA, è imprigionato in un circolo vizioso nel quale, le regole, se trasgredite, creano un forte senso di colpa che porta inevitabilmente ad un irrigidimento ulteriore delle regole stesse (soprattutto in ambito alimentare).

Alla base esiste anche una paura nel provare piacere, dove quest’ultimo viene percepito come nocivo.
Ciò si manifesta ad esempio nel disgusto verso cibi succulenti, per paura che questi possano essere dannosi per la sua salute.

Comportamenti dell’Ortoressia:

Comportamenti tipici sono:

  • Spendere più di tre ore al giorno a pensare al cibo, per la ricerca, l’acquisto e la preparazione del cibo;
  • Selezionare il cibo più per i benefici sulla salute che per il gusto,
  • Sentirsi in colpa qualora non si segua la dieta abituale,
  • Sentirsi padroni di se stessi solo se si mangia nel modo ritenuto corretto.
  • Pianificazione in anticipo dei pasti
  • preparazione scrupolosa e ossessiva del cibo che deve seguire precise procedure; ad esempio utilizzare solo certi tipi di pentole o certi tipi di cotture.

Sintomi dell’Ortoressia:

Sintomi tipici sono:

  • Ruminazione ossessiva sul cibo. La persona può trascorrere più di 3-4 ore al giorno a pensare a quali cibi scegliere, a come prepararli e consumarli, pretendendo solo ciò che fa stare bene, che può non corrispondere a ciò che piace realmente. Vengono solitamente messi in atto comportamenti ossessivi riguardanti la selezione, la ricerca, la preparazione ed il consumo degli alimenti, suddivisibili in varie fasi:
      1. Pianificazione dei pasti con diversi giorni di anticipo, al fine di evitare i cibi ritenuti dannosi (contenenti pesticidi residui o ingredienti geneticamente modificati, oppure ricchi di zucchero o sale);
      2. Impiego di una grande quantità di tempo nella ricerca e nell’acquisto degli alimenti a scapito di altre attività, fino a coltivare in prima persona verdure e ortaggi
      3. Preparazione del cibo secondo procedure particolari ritenute esenti da rischi per la salute (cottura particolare, utilizzo di un certo tipo di stoviglie)
  • Pensieri intrusivi che possono durare anche tutto il giorno riguardo il cibo;
  • Insoddisfazione affettiva e isolamento sociale causati dalla persistente preoccupazione legata al mantenimento di tali rigide regole alimentari autoimposte.

Che cosa comporta l’Ortoressia:

Tutti fattori che permettono di collocare l’ Ortoressia nella categoria delle nuove dipendenze a carattere ossessivo-compulsivo e distinguerla da altre patologie, in cui la fissazione è relativa alla qualità, più che alla quantità del cibo ingerito, come nell’Anoressia o della Bulimia.

Una deviazione anche solo minima da esse provoca una serie di conseguenze emotive a cascata, quali colpa, rabbia e umore depresso, fino a somatizzazioni di disturbi fisici (indigestioni, nausea, vomito).

A loro volta, i sensi colpa portano all’ulteriore irrigidimento delle regole alimentari, in un circolo vizioso, segnato da ansia sempre più crescente. Viceversa, dopo aver rispettato le regole alimentari, si provano generalmente sentimenti di soddisfazione e accresciuta autostima, collegati a un senso di controllo sulla propria vita.

Caratteristica peculiare è anche la presenza di rituali ossessivo-maniacali sul cibo. Spesso richiedono molte ore di tempo. Un comportamento tipico è il “trattamento igienico” del cibo. Questo viene effettuato mediante controlli scrupolosi per evitare il rischio di contaminazione, per paura che questo sia sporco o non sano.
Molto spesso questa minaccia arriva alla vera e propria mania di persecuzione, dove il soggetto ha paura di essere avvelenato.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra

BINGE EATING

Le caratteristiche del BINGE EATING:

Il Binge Eating Disorder (BED), detto anche disturbo da alimentazione incontrollata.

Consiste in frequenti episodi di alimentazione incontrollata quindi di abbuffate compulsive, alternate a periodi di digiuno e astinenza forzati.

Tutto ciò di solito senza condotte compensatorie come il vomito o l’uso di lassativi, anche se talvolta possono essere presenti.

Il BINGE EATING è stato scoperto più di recente rispetto alla bulimia nervosa e si differenzia da quest’ultima proprio per le alternanze tra lunghi periodi di digiuno massicce abbuffate.

Tutto ciò genera un circolo vizioso dove il problema principale consiste in una difficoltà a controllare l’impulso ad alimentarsi.

Spesso vi è una correlazione con l’obesità, anche se non è una caratteristica necessaria.

Il BINGE EATING, infatti non si vede grosso, ma sovrappeso. Associa la causa alle abbuffate e di conseguenza digiuna, ritornando a piacersi. Per questo motivo tipicamente si riscontrano periodi in cui vi è un’alternanza di aumento e diminuzione di peso.

Le persone che soffrono di questo disturbo hanno spesso la sensazione di perdere il controllo. A volte anche senza possedere un reale senso di fame.

Criteri diagnostici del BINGE EATING:

  • Ricorrenti abbuffate

Un’abbuffata è caratterizzata da entrambi i seguenti sintomi:

  • mangiare in un definito periodo di tempo (ad esempio un periodo di due ore) una quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili
  • sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (ad esempio sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando)

 

Gli episodi di abbuffata sono associati con tre (o più) dei seguenti sintomi:

  • mangiare molto più rapidamente del normale e finchè non ci si sente sgradevolmente pieno
  • introdurre una quantità di cibo notevolmente maggiore rispetto alla sensazione fisica di fame
  • mangiare da solo poiché ci si sente imbarazzato per come si sta mangiando; sentirsi disgustato di se stesso; depresso; in colpa dopo l’abbuffata
  • è presente grosso disagio riguardo gli episodi di abbuffata
  • gli episodi di abbuffata si verificano mediamente almeno due giorni a settimana nel corso di 6 mesi
  • le abbuffate non sono associate con un regolare uso dei comportamenti compensatori inappropriati. Ad esempio vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici, clisteri e il digiuno o l’esercizio fisico eccessivo

Una variante del BINGE EATING è la NES (Night-Eating syndrome), ovvero la sindrome dei mangiatori notturni, presentata da alcuni soggetti trovati nell’attività clinica che presentano le stesse caratteristiche del Binge Eater , ma con abbuffate che si verificano solo di notte. Alcuni studi dimostrerebbero che in questo disturbo è presente un’inversione del ritmo giorno-notte, che porta chi ne soffre a sentire lo stimolo della fame, più la notte che il giorno.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra.

SINDROME DA VOMITO O VOMITING

Negli ultimi tempi si è osservato un aumento significativo dei casi di SINDROME DA VOMITO O VOMITING, rispetto all’Anoressia e la Bulimia.

Esistono varie forme di patologia alimentare (bulimia nervosa, anoressia nervosa, binge eating, bulimia nervosa, anoressia nervosa con condotte di eliminazione), ed emerge in modo chiaro che vi è un’associazione tra bulimia nervosa con autoinduzione di vomito (Vomiting Syndrome).

Sintomi e Comportamenti:

Le ragazze con tendenze bulimiche o anoressiche scoprono che vomitare consente loro di:

  • Tenere sotto controllo il peso senza dover rinunciare al piacere del cibo,
  • Evitare di mettere in allarme la famiglia in quanto,
  • Mantenersi  di qualche chilo sopra o sotto il loro peso forma in modo che non si sentano sotto pressione.

È sempre più frequente tra i  giovani e meno giovani, l’attenzione al proprio corpo.  Un’attenzione esasperata dall’immagine diffusa dai mass media di modelli esteticamente perfetti su cui identificarsi. Entrare in una taglia quaranta oppure mostrare un addome scolpito diventa il chiodo fisso.

Il mangiare e vomitare inizialmente viene utilizzato come strategia per non ingrassare. Questa tentata soluzione che permette di abbuffarsi senza dover fare i conti con il grasso. Ma attraverso la ripetizione della sequenza del: mangiare e vomitare, si trasforma in un rituale sempre più piacevole.

Le Particolarità del Vomiting:

La letteratura (APA, 1994) classifica la SINDROME DA VOMITO O VOMITING come una variante dell’Anoressia e della Bulimia nervosa ma, la ricerca empirica (Nardone et al., 1999; Nardone et al., 2005) ha mostrato come la SINDROME DA VOMITO O VOMITING si basi su una struttura e un modello percettivo differente.

Sia la Bulimia che l’Anoressia  ne costituiscono la matrice ma, una volta instaurato, la SINDROME DA VOMITO O VOMITING, questo perde ogni legame con il disturbo che ne ha causato l’insorgenza.

Per la persona il vomiting rappresenta un modo per perdere peso o evitare di aumentare di peso, continuandosi a nutrire, una tentata soluzione disfunzionale.

Quest’ultima all’inizio funziona ma, quando il ciclo abbuffata/vomito viene reiterato, si trasforma in un rituale piacevole e in pochi mesi, diventa un piacere di cui non si può fare più a meno.

I soggetti si abbuffano intenzionalmente per poi vomitare.

Struttura del Disturbo:

Il problema si trasforma rispetto alla forma iniziale, ovvero:
Dal tentativo di controllo del peso (come nelle anoressiche o bulimiche), si passa a una vera e propria compulsione irrefrenabile (vomiting).

Mangiare e vomitare diviene un piacere perverso a cui non si riesce a rinunciare.

Il piacere provato non è l’esito del mangiare ma, è dato dalla sequenza di tre fasi:

  • Eccitatoria: il desiderio si trasforma in attivazione fisiologica dell’organismo;
  • Consumatoria: si mangia fino a sentirsi completamente sazi;
  • Scarica: è rappresentata dal vomito.

Per quanto possa sembrare perverso o disgustoso, tutta la sequenza del rituale diviene un piacere irrefrenabile e travolgente.

Se in un primo momento eliminare tutto ciò che si è ingurgitato è solo un modo per evitare di accumulare calorie poi diviene un piacere irrinunciabile, un “amante segreto”, il demone che rapisce, che si discosta sempre più da qualsiasi altro piacere personale, sociale, professionale.

Essendo il Vomiting una sindrome a se stante, risultano fallimentari le metodologie di intervento utilizzate su anoressia e bulimia.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra

BULIMIA

La BULIMIA è il disturbo alimentare senza dubbio più frequente in tutte le sue forme variegate.

Bulimia, letteralmente significa ‘fame da bue‘.

La Bulimia Nervosa è uno dei disturbi inerenti alla sfera dell’alimentazione ed è caratterizzata dalla tendenza a esercitare, in maniera disregolata, un eccessivo controllo sul proprio peso.

Caratteristiche :

Con il termine Bulimia Nervosa si definisce un disturbo psichico che compare durante la prima adolescenza.

È caratterizzato da eccessiva e costante preoccupazione per il peso e le forme, per cui la persona inizia a seguire una dieta ferrea, presentando però poi abbuffate e vomito autoindotto.

Dopo l’abbuffata si palesa la terribile paura di aumentare di peso, che a sua volta porta alla messa in atto di comportamenti compensatori (vomito autoindotto, uso improprio di lassativi, digiuno, esercizio fisico eccessivo).

I mezzi di compenso, come il vomito e il digiuno, portano ad avere altre abbuffate e il circolo vizioso, vomito – abbuffata – vomito – abbuffata, si autoalimenta e si mantiene fino a cronicizzarsi.

Le persone arrivano a mangiare qualunque cosa per il piacere di ingozzarsi.

Questi attacchi durano per un tempo che va da 15 minuti a 4 ore.

Vomitando o con altri metodi di compensazione (lassativi, eccessivo esercizio fisico, digiuno, etc.) le persone bulimiche credono di poter raggiungere la loro forma ideale e di poter allo stesso tempo soddisfare la loro necessità di cibo con le abbuffate.

Sintomi della bulimia:

  • Il comportamento alimentare è controllato quando si è in pubblico
  • Si scelgono prodotti ‘light’ e a basso contenuto di grassi per i cibi che vengono consumati “ufficialmente” e trattenuti all’interno del corpo
  • Si acquistano grandi quantità di cibi di scarsa qualità e facili da consumare per le abbuffate
  • Durante le abbuffate si consuma un’eccessiva quantità di cibo in un lasso di tempo limitato
  • Nello stesso tempo si accumulano cibi e si è preoccupati di avere sempre del cibo a disposizione
  • Non si hanno orari regolari per i pasti
  • Osservati da fuori tutto funziona perfettamente, la facciata è positiva
  • La bulimia causa emozioni di vergogna ed è tenuta spesso segreta
  • Disgusto per se stessi, sensazione di essere anormali
  • Isolamento sociale, trascurare i propri interessi, umore depresso
  • Molta attività sportiva

L’Ossessione per il peso corporeo conduce le persone con Bulimia Nervosa ad attuare persistenti e caratteristiche forme di riduzione alimentare, ovvero a seguire una dieta estrema e costante, determinata da regole alimentari estremamente rigide e inflessibili, le quali disciplinano il quanto e il cosa si deve mangiare.

Nei pazienti affette da bulimia nervosa, una difficoltà a tollerare le emozioni negative: le abbuffate infatti creano uno stato di piacevolezza. Questa sensazione piacevole iniziale serve soprattutto a bloccare e soffocare le emozioni negative provate. Tale comportamento dà vita a un circolo vizioso: sopprimere le emozioni attraverso il cibo porta a non risolvere mai i problemi favorendo l’abbuffata successiva; d’altra parte le abbuffate stesse portano alla comparsa di emozioni negative (senso di colpa, disgusto, paura d’ingrassare), che a loro volta innescano le nuove abbuffate.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra

ANORESSIA

Che cos’è l’ANORESSIA?

L’ANORESSIA è un disturbo alimentare particolarmente grave. Chi ne è colpito va in contro a una marcata perdita di peso, a causa della paura morbosa di ingrassare e di una visione distorta della propria immagine corporea.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, rappresenta la seconda causa di morte in età giovanile, dopo gli incidenti stradali.

Spaventa non solo i genitori, ma anche i medici e gli psicoterapeuti. Ciò che più sorprende è che, contrariamente a quello che suggerirebbe il buon senso, sono proprio coloro che ne sono vittime a non temere questa pericolosa malattia. Ne sono sedotti.

L’ANORESSIA paradossalmente è una condizione “amata” dalle sue vittime, vissuta spesso come una virtù invece di disturbo.

È una malattia in linea con i nostri tempi che affiancano abbondanza di cibo e modelli di magrezza eccessivi.

L’ANORESSIA fa paura anche perché le terapie si sono dimostrate spesso inadeguate, quando non controproducenti. 

Anoressici non si diventa da un giorno all’ altro ma attraverso un processo graduale di astinenza alimentare.

I Sintomi e Comportamenti dell’ANORESSIA:

Il mantenere un certo peso può non essere qualcosa di necessariamente invalidante.

Il vero problema arriva nel momento in cui la perdita del peso supera una certa soglia e la persona non riesce più a smettere di controllare l’alimentazione.

Quando la giovane adolescente riduce sempre di più la quantità di cibo sino all’astinenza completa, con tutte le conseguenze che questa può comportare. È qui che viene superato il limite e si entra nella patologia.

Si comincia con il restringere i cibi sia nella quantità che nella qualità. Spesso la malattia insorge dopo una dieta dimagrante o, nelle fasi iniziali, mascherata da scelta ideologica salutistica o vegetariana.

Si osserva una rilevante perdita di peso ottenuta, il più delle volte in tempi rapidi.

L’ossessione è quella della magrezza associata alla fobia di essere grasse o grosse.

Nella maggioranza dei casi il corpo viene vissuto con profonda vergogna e con la preoccupazione di quello che altri possono pensare del loro aspetto.

A livello delle relazioni interpersonali si osserva un progressivo ritiro sociale.

Evitano il rischio di situazioni conviviali in cui potrebbe avvenire la perdita di controllo sulla restrizione alimentare.

Ciò che stupisce i non esperti e manda in tilt i genitori è la progressiva distorsione dell’immagine corporea. È come se indossassero delle lenti deformanti: più dimagriscono più si vedono grasse o grosse.

LE VARIANTI DELL’ANORESSIA: 

Anoressia giovanile con exercizing:

L’esercizio permette di consumare le calorie ed in breve tempo far calare l’ago della bilancia . Nonostante la magrezza esasperata è sorprendente come queste ragazze abbiano un’energia incredibile. È qui che si inserisce l’aspetto fisiologico della perdita di peso eccessiva, prodotta dal digiuno che provoca una secrezione particolarmente elevata di endorfine, le stesse che vengono secrete dall’ organismo di un maratoneta durante una corsa e che permettono di raggiungere una performance fisica elevata.

Talvolta le anoressiche di questo tipo accettano senza grandi resistenze l’incremento di cibo ma non la riduzione dell’attività motoria.Spesso non stanno mai ferme; sfruttano ogni occasione per muoversi e bruciare calorie; salgono e scendono scale; vagano camminando per ore senza sosta; ripetono centinaia di volte esercizi faticosi, in particolare quelli per ridurre la pancia percepita. Sono frequenti le lesioni da eccesso, come tendiniti, gonalgie, talloniti, lesioni muscolari, che tuttavia non frenano le anoressiche.

Anoressia giovanile con binge eating:

Oltre due terzi delle anoressiche non riesce a mantenere la restrizione alimentare e cede alla tentazione di mangiare; finendo spesso per farsi travolgere dal desiderio dei cibi che si sono maggiormente vietate. Ciò provoca una restrizione alimentare ancora maggiore nei giorni successivi alla perdita di controllo. La sintomatologia dominante rimane la restrizione anche se non è più tanto ben riuscita. L’anoressia viene così contagiata dal Binge Eating: un disturbo connotato da periodi di controllo maniacale del cibo seguiti da abbuffate.

Anoressia giovanile con vomiting:

Questa variante rappresenta la più frequente evoluzione dell’anoressia; rendendo il disturbo ancora più complesso, invalidante e rischioso per la vita della paziente. Il vomito autoindotto porta infatti allo scompenso elettrolitico, che è la causa di mortalità più frequente nei disordini alimentari. Si osservano due stadi distinti del disturbo. Inizialmente la giovane vomita perché pensa di aver mangiato troppo, in questo caso il vomito è il rimedio; in seguito la giovane si abbuffa per vomitare. In questo caso il vomito è la parte finale del piacevole rito abbuffata-vomito.

Anoressia giovanile con autolesionismo:

Spesso associata al vomiting, è la variante connotata dal comportamento autolesivo. Nessuna di queste forme tende all’autodistruttività o a intenzioni suicidarie. Hanno invece un ruolo sedativo rispetto agli stati emotivi negativi (tensione, noia, ansia, dolore). Rappresentano la ricerca di un sottile piacere. Il comportamento autolesivo senza intenzione suicidaria in oltre il 70% dei casi è associato al disordine alimentare anoressico, tanto da farlo ritenere un comune sintomo delle forme più severe di tale patologia.

Anoressia giovanile con purging:

Caratterizzata dall’uso di lassativi ed altre pratiche per facilitare l’evacuazione intestinale, così come il ricorso ai diuretici. Rispetto ai decenni passati, tale pratica è diminuita, forse perché se ne conoscono gli effetti collaterali. Mentre è più diffuso il ricorso agli enteroclismi a base di acqua o sostanze come la camomilla o simili per la convinzione che aiuti a depurare l’intestino. A ciò si si associano uno stile alimentare esotico o varie diete di derivazione orientale. Spesso questi comportamenti rappresentano l’anticamera del disturbo alimentare restrittivo o della sua variante ortoressica, vale a dire la fissazione per i cibi considerati sani e l’evitamento fobico di quelli ritenuti non sani. Il più delle volte questo quadro evolve in anoressia mentale.

Anoressia con uso di sostanze:

Più che una variante possiamo considerarla una forma di comportamento patologico pericoloso che si aggiunge al disturbo alimentare restrittivo, a quello del vomiting e a quello multisintomatico. Negli ultimi decenni si è osservato un netto incremento dell’ausilio chimico; sciroppo di ipecac (contiene emetina, una sostanza cardiotossica che può indurre morte improvvisa) per indurre il vomito, amfetamine e derivati, farmaci che consentono di non sentire la fame.

Anoressia giovanile polisintomatica e/o disturbo borderline:

Si tratta di pazienti che hanno manifestato tutti i diversi comportamenti patologici connessi al cibo, alternandoli nel tempo, come una sorta di sperimentazione alla ricerca del metodo migliore per non ingrassare o per dimagrire. Oltre alle condotte alimentari disfunzionali, presentano un quadro clinico caratterizzato disturbo di personalità borderline. Manifestano elevata instabilità emotiva e affettiva, della propria immagine e delle relazioni interpersonali; difficoltà a controllare la rabbia e gli impulsi; sentimenti cronici di vuoto e noia. Queste giovani hanno grandi difficoltà a stabilire degli obiettivi e a mantenerli.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra

VIGORESSIA

La VIGORESSIA è la dipendenza patologica dall’esercizio fisico, si verifica nel momento in cui si pratica sport superando i limiti normalmente posti dallo sforzo, dalla noia e dalla stanchezza (Velea, 2016).

Che Cos’è:

Questa dipendenza nasce da una preoccupazione ossessiva per l’aspetto fisico e dal desiderio di modificarlo aspirando alla perfezione, tanto che alcuni autori parlano di “Complesso di Adone” (Velea, 2016), dalla celebre figura mitologica simbolo della giovanile bellezza maschile.

Sembra essere, quindi, una nuova forma di disturbo della percezione della propria immagine corporea.

La VIGORESSIA è definita anche come Anoressia inversa.

I sintomi sono opposti a quelli dell’Anoressia nervosa:

  • la persona anoressica si vede sempre grassa pur essendo magrissima,
  • la persona vigoressica si vede sempre magro e non abbastanza muscoloso anche quando ha raggiunto un fisico molto atletico.

Caratteristiche Principali:

  • Forte insoddisfazione e preoccupazione nei confronti del proprio fisico, che è visto come asciutto e poco muscoloso e quindi bisognoso di continuo esercizio.
  • Il continuo esercizio fisico che può diventare una vera e propria mania, portando ad un cambiamento radicale nelle abitudini quotidiane.

Le persone cambiano radicalmente la loro visione dello sport, modificando aspettative e tempo dedicato ad esso.

L’esercizio è di priorità assoluta con conseguenze spesso drastiche nella vita sociale: sia nei rapporti affettivi, sia nella vita lavorativa, che vengono messi in secondo piano o addirittura abbandonati.

Qualsiasi altra attività nel tempo libero, che non è legata alla disciplina praticata viene trascurata.

Solitamente, le persone adottano un abbigliamento conforme alle esigenze della pratica sportiva.

La persona affetta da VIGORESSIA trasforma le sue abitudini alimentari:

  • Predilige una dieta molto rigida e salutista, nella quale sono incluse grandi quantità di alimenti iperproteici, importanti per lo sviluppo muscolare;
  • Sono quasi completamente evitati i cibi ricchi di grassi e carboidrati.
  • L’alimentazione risulta quindi limitata ed ossessiva;
  • Quando è presente lo strappo alla regola, è accompagnato da un gran senso di colpa, che la persona combatterà facendo ore e ore di esercizio fisico.

È molto frequente l’uso (e l’abuso) di integratori e sostanze anabolizzanti, fondamentali per aumentare la massa muscolare, per migliorare le proprie forme fisiche e portando la persona oltre i limiti fisici posti dalla natura umana.

Nonostante tutte queste modificazioni nelle abitudini e nonostante la smisurata quantità di esercizio fisico svolto, il vigoressico vedrà sempre il suo corpo come troppo magro e troppo poco muscoloso.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra

DISMORFOFOBIA

Le persone che soffrono di questo disturbo DISMORFOFOBIA spesso si rivolgono a chirurghi estetici per cambiare il proprio corpo, anche se nella maggior parte dei casi questo non risolverà il loro problema.

Manifestazioni e Sintomi:

La DISMORFOFOBIA identifica una condizione in cui una persona mostra preoccupazione per un difetto fisico che può essere presunto o reale, in quest’ultimo caso l’importanza data al difetto è di gran lunga eccessiva.

L’attenzione si può rivolgersi ad ogni parte del corpo che può essere criticata per le sue dimensioni o per la sua forma come:

  • naso,
  • bocca,
  • orecchie,
  • i capelli,
  • la pelle,
  • il seno,
  • il pene e i testicoli e in generale gli organi genitali.

Lo stato di disagio provato può essere profondo ed intenso, associato a grandi difficoltà nel controllare le preoccupazioni per il difetto, tanto che i pensieri relativi possono occupare gran parte della giornata.

In questa condizione di forte disagio spesso il funzionamento sociale della persona risulta compromesso in tutte o quasi le sfere della sua vita.

La preoccupazione in questa patologia acquisisce note fobico-ossessive, determinando un grave disagio personale, un profondo stato di vergogna e inadeguatezza che si ripercuote sulla vita sociale, di relazione e lavorativa.

Il timore centrale varia dall’apparire “non attraente” o “non giusto” al percepirsi come “orribile”.

Comportamenti:

Tali pensieri sono intrusivi e causano una perdita di tempo significativa poiché si verificano in media per 3-8 ore al giorno, generando dei rituali mentali o comportamentali come:

  • Confrontare il proprio aspetto con quello degli altri;
  • Guardarsi ripetutamente allo specchio per esaminarsi direttamente;
  • Dedicarsi eccessivamente alla cura di sé o abbronzarsi esageratamente per nascondere i difetti;
  • Ricercare rassicurazioni riguardo a come appaiono le imperfezioni percepite;
  • Fare eccessivo esercizio fisico;
  • Fare acquisti compulsivi di prodotti di bellezza o dimagranti;
  • Cambiarsi più volte d’abito o truccarsi eccessivamente per camuffare le imperfezioni.

Le persone affetti da DISMORFOFOBIA possono sviluppare uno dei seguenti comportamenti:

  • ossessionati dal bisogno continuo di controllare la propria immagine allo specchio
  •  evitano assolutamente di specchiarsi e possono addirittura vestirsi o lavarsi in condizioni di scarsa illuminazione.

Associati a tale disturbo potrebbero manifestarsi forte stress, ansia e calo del tono dell’umore causati dalla persistente preoccupazione per il difetto fisico.

Spesso questi soggetti mancano totalmente della consapevolezza che il problema sia di tipo psicologico e non estetico, ritengono che la loro preoccupazione sia basata sulla presenza di un grave e reale difetto fisico e non dipenda da un loro modo alterato di percepirsi.

Per questo motivo non possono trarre alcun beneficio dalle rassicurazioni o dalle esperienze di gratificazione personale, né da tutti i tentativi per migliorare il proprio aspetto.

Il decorso, se non trattato, è cronico e ingravescente e spesso questi pazienti vanno incontro ad una Depressione.

Gli studi confermano che più dell’80% dei pazienti affetti da Dismorfofobia presenta anche un Disturbo di Personalità, soprattutto di tipo Evitamento, Dipendente, Ossessivo-Compulsivo.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra

CONTROLLO OSSESSIVO

Chi soffre di Disturbo Ossessivo tenta costantemente di avere tutto sotto controllo.

La persona tenta di controllare anche ciò che è al di fuori della portata di chiunque: pianificare tutto cercando di anticipare gli eventi futuri, in modo da controllarli e gestirli; comportarsi nello stesso modo in ogni ambito della vita professionale e personale; tenere sotto controllo anche il partner e i figli.

Ma l’eccesso di controllo conduce inesorabilmente alla perdita di controllo. Sono proprio gli sforzi in questa direzione che mandano la persona in crisi quando si scontra con qualcosa su cui non può esercitare la propria volontà.

Disturbo ossessivo: controllo di pensieri e immagini

Le persone per tenere a bada i pensieri cercano di controllare ogni cosa, fino a perdere il controllo di tutto. Cercano di cacciare via i pensieri, li combattono, cercano di distrarsi e pensare ad altro o di parlare del proprio problema con parenti e conoscenti che, pensando che il modo migliore per aiutare sia ascoltare, sono pronti a rassicurarli e a tentare di proteggerli.

I tipi di controllo possono essere riferiti a:

  • a sé (pensieri, emozioni, sensazioni)
  • agli altri (relazione)
  • al mondo (società, politica, ideologia, fede, credenze sociali)

Spesso il bisogno di controllo è così grande che vorrebbero cambiare gli altri e farli a loro immagine e somiglianza.

Come accade con i rivoluzionari (controllo sugli altri), i conformisti (controllo su di sé), i politici fanatici (controllo sul mondo), gli intolleranti (controllo sulle credenze sociali), i moralisti (controllo sulle sulla fede) e gli idealisti (controllo sulle ideologie).

Le immagini mentali, come le bestemmie o le frasi blasfeme, sono chiodi fissi, immagini ossessive che perseguitano e si propongono alla mente in maniera intrusiva.

Un altro aspetto tipico degli ossessivi puri è l’“impulso aggressivo”. Per “impulsi” aggressivi non intendo atti aggressivi, piuttosto sono dei pensieri e delle voglie irrefrenabili di:

  • Insultare le persone,
  • Uccidere i propri figli,
  • Compiere atti che nuocciano gli altri come provocare un incidente,
  • Buttare una sigaretta in un luogo facilmente infiammabile,
  • Bestemmiare in chiesa,
  • Bubare la pistola ad un poliziotto e iniziare a sparare all’impazzata.

Da questi impulsi scaturiscono dei sensi di colpa che convergono in misure precauzionali prese in virtù del dubbio di poter compiere questi orribili atti o di averli commessi involontariamente. Quando emergono questi dubbi si ricorre spesso a rituali di controllo o a richieste di rassicurazioni che trasformano il disturbo ossessivo puro in ossessivo-compulsivo.

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Dr.ssa Volpe Brinzaglia Alessandra